Practice makes perfect?
S2 E9 | Come il vino ci cambia la testa, ricordi dal mio passato come studentessa di interpretariato di conferenza e un agile salto in Rodano
Ciao, io sono Giulia e questa è la seconda stagione della Guida Galattica per Enostappisti: la newsletter che ti aiuta a unire i puntini nell’universo vino, un paio di bottiglie / canzoni / parole / vicende random / link al mese.
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🚀 È tutta questione di pratica?
Pensando all’arte della sommellerie probabilmente il primo organo che viene in mente è il fegato, destinato a una vita di sofferenza e calci nel sedere: degustazioni infinite, assaggi giornalieri, in un continuum dove il vino diviene una costante.
Quando uno studio risalente alla primavera scorsa ha associato al vino un organo differente dal fegato, c’è stato un gran parlare e discutere: i risultati di questo studio indicano infatti che la pratica della degustazione porta i sommelier a presentare differenze strutturali nel cervello, rispetto a bevitori “naive”.
Tutto questo porta la mia memoria a una decina di anni fa, quando ero un’aitante studentessa di mediazione linguistica, una facoltà ibrida in cui si studia un mix di lingue e materie economiche / giuridiche. Il focus, comunque, erano la traduzione e l’interpretariato delle due lingue “d’indirizzo”.
Esistono tante tecniche di interpretariato, spesso in università studiamo le tecniche “in simultanea” e “in consecutiva”.
L’interpretazione simultanea consiste nel tradurre un testo nel momento stesso in cui viene enunciato da un oratore: tipicamente i partecipanti alla conferenza ricevono la traduzione in cuffia.
L’interpretazione consecutiva invece prevede che l’interprete prenda appunti per un determinato lasso di tempo e che traduca solo nel momento in cui l’oratore si interrompe.
L’interpretazione consecutiva mi fa pensare un po’ all’assaggio del vino: ci sediamo, ci sintonizziamo sulle stesse frequenze, prendiamo un sorso, provando ad ascoltare ciò che il vino ha da dirci e poi lo interiorizziamo, oppure - come spesso capita anche a me - condividiamo il messaggio.
Ecco, la mia prof di interpretariato in triennale ci diceva sempre practice makes perfect – esortandoci a passare meno tempo al bar e più tempo in cuffia a perfezionare la nostra tecnica di interpretazione simultanea e / o consecutiva.
Ricollegandoci allo studio - che essenzialmente imputa queste differenze strutturali riscontrate nel cervello dei sommelier all’accumulo di esperienza nella degustazione - practice makes perfect può essere intesa come un’esortazione ad assaggiare più vini, possibilmente da tutto il mondo, e con maggiore frequenza.
Sarà davvero così?
🪐 Un vino al supermercato
🍾 Il vino del mese è lo Scalabrone di Antinori | Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah
🦞 Momento di consumo: rosé solo d’estate? Che banalità. Rosé tutto l’anno e in ogni occasione! Con questo si potrebbe fare bella figura a un pranzo in famiglia
🎮 Per i miei wine nerd:
Probabilmente il rosato più famoso di Bolgheri, zona che tendiamo a ragion veduta ad associare più ai rossi che a vini dalle sfumature più tenui.
E proprio da un taglio delle uve più tipiche della zona viene prodotto questo rosato, che presenta un colore più intenso e una struttura più importante rispetto ai rosé pallidi e delicati che probabilmente vivono nel nostro immaginario.
In ultimo, non per importanza, questo è il rosé preferito di mio padre.
(Ciao babbo! 👋🏻)
☄️ Un vino in enoteca
🍾 Il vino del mese è il Brèzéme di Eric Texier | Syrah 100%
🦞 Momento di consumo: una serata nostalgica, a base di comfort food, divano e copertina; una serata in cui si ha bisogno di qualsiasi tipo di abbraccio immaginabile
🎮 Per i miei wine nerd:
Studiando per il WSET 3, quando giungiamo al Northern Rhône, (Valle del Rodano nord) tiriamo un sospiro di sollievo per due motivi:
le 150 pagine dedicate alla Francia sono quasi finite
bisogna ricordare solo due vitigni, il Syrah e il Viognier. Il capitolo successivo è il Southern Rhône con i suoi 75 vitigni, ma questa è un’altra storia
Dicevamo: il Syrah è la varietà principe dei rossi della Valle del Rodano (nord): una striscia di terreno lunga e stretta dove la qualità di concentra su pendii scoscesi, attraversati per l’appunto dal fiume Rhône (Rodano).
Eric Texier mi piace e mi incuriosisce soprattutto per il lato umano: ex ingegnere che molla tutto, attraversa la Francia per imparare a fare il vino (con un pit-stop significativo in Borgogna da Jean-Marie Guffens) e poi compra un piccolo appezzamento per mettere (letteralmente) a terra la propria visione.
(Forse l’unico modo per farmi finire ingegneria sarebbe stato avere una prospettiva del genere: ma anche questa è un’altra storia)
🎷 Bobo Rondelli, La Marmellata Spotify | YouTube | Apple Music | Amazon Music
Un sorso di Brèzéme fa venir voglia di fischiettare; fa tornare bambini, a quando furtivamente infilavamo il dito nella marmellata (facendo caso a non essere visti): quella marmellata era un assaggio della tanto agognata libertà, anche se allora non lo sapevamo. Un'esplosione di ciliegie con una spruzzata di pepe. Ti lascia con la stessa voglia di bere l'intera bottiglia: come quando da bambini avremmo finito volentieri il barattolo, per poi correre al parco a raccontare agli amici quanto era buona quella marmellata, e poi giocare fino al tramonto. Fino a che non saremmo stati richiamati a casa per cena, forse anche a rendere conto di quell’impronta sospetta nella marmellata. Ma è un rischio che vale la pena correre, oggi come ieri.
💫 ABC del vino
Nello studio che citavo in apertura di questo episodio, il campione era composto da sommelier e bevitori “naive” – che consumano vino non più di una volta a settimana; ai partecipanti è stato chiesto di assaggiare gli stessi campioni di vino in due modalità: durante una risonanza magnetica e durante una classica degustazione alla cieca.
Questi i risultati dello studio: in breve, rispetto ai bevitori “naive”, i sommelier dimostrano una spiccata capacità di riconoscere la complessità e identificare il gusto del vino, oltre a un’evoluta capacità di tradurre il gusto in parole. Nei sommelier vengono riscontrate anche l’attivazione di aree diverse del cervello, e differenze strutturali – imputabili agli anni di esperienza.
Mi chiedo dunque: cosa vuol dire in questo caso, practice makes perfect ? Lo studio parla di “sommelier con esperienza”, nel senso di sommelier che hanno accumulato un tot di anni di esperienza sul campo. Ma, nello specifico, cosa ci rende degli interpreti credibili del mondo del vino, di ciò che troviamo nel calice?
Assaggiare quanto più possibile o assaggiare con quanta più coscienza possibile? Quantità o qualità? Assaggi seriali o assaggi meditati?
Esiste una via di mezzo?
Parlando della mia personale esperienza, le degustazioni “seriali”, per intenderci, quelle da fiera, quando si assaggiano anche 100-150 vini al giorno, mi hanno sempre lasciato perlopiù grande stanchezza e un sovraccarico di informazioni difficili da digerire.
La degustazione coinvolge più muscoli di quanti immaginiamo: come tutti gli altri muscoli del nostro corpo, a una certa si affaticano. Giunti al trentesimo campione in fila, è difficile mantenere la bussola nella giusta direzione, quella della comprensione.
C’è poi la questione della complessità: se il sommelier assaggia per capire un vino, che è una bevanda molto complessa, come può farlo dedicandogli trenta secondi, passando poi immediatamente al successivo?
La comprensione di un vino si ferma alla redazione del suo identikit? Mi basta riconoscere uno Chablis in tre secondi per poter dire di aver capito a fondo quel vino?
Piuttosto che sfinire i propri muscoli in cicli sterili e interminabili di degustazioni seriali, propendo per una ridefinizione di questo practice makes perfect, nel segno di una degustazione che potremmo forse azzardarci a definire mindful.
Una degustazione che comprenda il tempo di incontro con il vino (l’atto pratico) e il tempo di metabolizzazione e maturazione (il pensiero) di questo incontro.
Una maratona, non uno sprint.
Bere meno, bere meglio.
🪐 Ti sei mai chiesto come muovere i primi passi nell’esplorazione dell’universo vino senza quel tipico timore reverenziale?
Sto modellando la Guida Galattica per Enostappisti in un ciclo di serate dedicate alla scoperta del proprio gusto personale, un’introduzione al vino che non mira a formare futuri sommelier, ma bevitori coscienti: fare il primo passo e inaffiare il seme della curiosità per un approccio al vino consapevole.
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🌒 Link molto belli
Come potrebbe essere il vino tra 50 anni? Uno sforzo immaginativo tra AI, cambiamento climatico e packaging innovativi su The Wine Society.
Se siete tra quelli che comprano vino per berlo dopo anni, la celebre critica Jancis Robinson ha un paio di consigli per voi sulla corretta conservazione delle bottiglie.
Amici di San Benedetto del Tronto ma anche no: i ragazzi della giovanissima e gagliarda vineria
hanno inaugurato una newsletter! Io sono molto curiosa di seguire i loro deliri enogastronomici.Super pezzo di Vintner Project (dove tra l’altro ho scoperto profili interessanti, come queso vino, o questa influencer). Il focus di questo pezzo è una domanda, ovvero, bere vino è figo? Sì? No? Lo è mai stato? Può esserlo per la Gen Z?
🌍 Q&A
Avete una domanda da farmi ma non avete Substack per lasciare un commento? Vorreste un approfondimento? Oppure consigliarmi una bottiglia di vino, o una cantina da visitare?
Cosa vorreste approfondire in uno dei prossimi episodi?
Per questo mese è tutto: grazie mille per avermi dedicato del tempo.
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Splendida come sempre e grazie, grazie per aver condiviso i nostri delirio di Raciò ❤️💙