5 Commenti

Sempre ottima Giuly ❤️ Mi accodo comunque al coro o meglio, tutti quelli che ho conosciuto che vivono il vino con più della semplice curiosità non sono amanti dell'uvaggio in questione. Mi spingo vagamente in là, per quanto ormai parlare di "naturale", ha il senso che ha: potrebbe essere l' unico uvaggio, o comunque uno dei pochissimi, in cui la filosofia produttiva ha effettivamente un riscontro così pesante?

A me non piace ma è vero anche che, come giustamente sostieni, abbiamo in mente quelli gelati, dolcioni e spesso parecchio artificiali. Forse la "New Wave" produttiva gli restituirà in minimo di dignità 😊

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Ciao Ste e grazie, innanzitutto ❤️

Più che filosofia produttiva, forse potremmo parlare di approccio in generale?

Mi vengono in mente tecniche (da entrambi i lati della “barricata”) che tendono ad appiattire o comunque snaturare il vino, a prescindere dal varietale: come non pensare all’uso smodato del legno (poi ti sembra di bere le doghe del letto) o alle macerazioni talmente spinte che annientano qualsiasi riferimento all’uva o al territorio?

Sicuramente il nostro “amico” gewürztraminer è stato svalutato negli anni (in nome delle mode del momento e del profitto) ma non è l’unico. Se penso a cosa hanno fatto negli anni ‘80 al lambrusco piango, per dire. Sta rinascendo solo ora!

Chiudo la filippica, sarebbe bello parlarne e approfondire davanti a un calice di vino!

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Mi appunto tutte le discussioni scaturite dalla Guida e, quando vi accoglieremo a braccia apertissime a Raciò, ne discuteremo ❤️

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Io ho con la Malvasia lo stesso problema che hai tu con il Gewürztraminer, ma nel mio caso è particolarmente problematico perché vivo a Roma e nel Lazio mettono la Malvasia anche nel caffè! Grazie per la newsletter, comunque, l'ho trovata molto interessante!

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Ciao Emanuele, grazie!

The struggle is real, nel tuo caso particolarmente! :)

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